Giorno -2 (4/2/03)


Sono le 5 del mattino e il tassista che mi porta all'aeroporto è incuriosito dal peso delle mie valigie; sa bene che supero il peso normalmente consentito e indaga sul mio viaggio.

Gli spiego che ho la speciale tariffa "missionaria" che mi permette di spedire fino a 64 chili in due valigie. Non l'avessi mai detto! Sarà che i tassisti, come i barbieri, sono soliti essere un po' i "confessori" dei loro clienti, così da quelle valigie pesanti al racconto del motivo del mio viaggio il passo è breve.

Da buon chiacchierone, quale sono, credevo di potergli raccontare un po' tutto con dovizia di particolari ma ho trovato uno "peggio" di me. Mi ha interrotto quasi subito e ha cominciato a raccontare dei suoi 15 anni in Kenia, della partenza come turista, del mal d'Africa, degli italiani che "comprano" le ragazze (per chi mi ha preso!!), di quanto male ha portato la cultura occidentale a questi paesi... Insomma, mi ha zittito fino all'arrivo all'aeroporto: "Incredibile!", direbbe chi mi conosce.


Sono da poco passate le 7 e l'aereo per Parigi è gia alto. Mentre le hostess iniziano il servizio di bordo non posso fare a meno di pensare al qual brano di canzone "... la ragazza di terza classe... ma per fortuna si va in America...". Infatti, sono seduto al limite della classe "turistica" e, nonostante le tende ben tirate nascondano quel che avviane in "prima" classe, posso vedere perfettamente il servizio in classe "affari". Vengono offerte salviette rinfrescanti, a noi no. Un vassoio con ricca colazione "continentale", a noi un gelido croissant da prendere con le mani dal cestino che passa rapido e un bicchiere di tè o caffè.

Subito il pensiero va al Brasile, alle grandi differenze sociali, a chi sogna quel croissant come una prelibatezza irraggiungibile. Subito mi rendo conto che anche in "terza classe", io sono un "signore" che può permettersi il lusso di viaggiare in aereo, di scegliere fra il croissant alla marmellata e il fagottino al cioccolato o fra il tè e il caffè, servito da una graziosissima hostess.

Qualche ora di attesa all'aeroporto di Parigi, poi l'imbarco per Rio.


L'arrivo all'aeroporto "Carlos Jobim" di Rio de Janeiro è in perfetto orario.

Dall'altra parte del mondo, è ancora un tassista a chiudere la mia giornata, quello che mi trasporta alla casa di accoglienza "Macondo". Per avviare un minimo di conversazione, oso domandare "Come vanno le cose da ottobre?", alludendo al nuovo presidente, Lula. Mai l'avessi chiesto! Ha iniziato una serie di insulti verso questo presidente e tutta la classe politica. Io, meravigliato, ho raccontato che la notizia dell'elezione di Lula ha avuto discreto eco sui mezzi d'informazione italiani, in termini positivi. Il tassista continua a inveire, dicendo che il Brasile non ha bisogno di politici ma di amministratori; non sa forse che proprio Lula ha detto che "il problema del Brasile non è economico ma politico". "Io", continua il tassista, "ho lavorato per 25 anni nella pubblica amministrazione, ora sono pensionato e, visto che non ho rubato, sono qui a lavorare a quest'ora, per potermela passare bene". Lo sfogo continua fino a quando la ricerca della strada, in un quartiere con molte deviazioni a causa di cantieri stradali, non lo impegna più della replica alla mia infelice domanda.

Arrivato alla casa di accoglienza, nel quartiere carioca di Grajaù, dopo i saluti di rito, vado a dormire, ventilatore rigorosamente acceso tutta la notte.


Giorno -1 (5/2/03)


A colazione, incontro gli altri ospiti della casa: una coppia di giovani italiani che hanno passato quindici giorni in Brasile e ora tornano in Italia partendo da San Paolo.

Rimasto unico ospite della casa, devo decidere cosa fare fino alle 17, quando andrò alla "rodoviaria" (stazione degli autobus) per partire per Teófilo Otoni, mia meta finale. Decido di iniziare a scrivere il "diario di viaggio" e subito mi scontro con il primo problema: la spina "italiana" del mio pc portatile non entra nelle prese "vecchio Brasile" di questa casa. La batteria è morta da tempo e non ricaricabile, scrivere a mano non è il mio forte, quindi posso solo chiedere di poter usare il computer della casa e passare così parte della mattinata. Spedisco il tutto alla mia casella di email per recuperarlo in seguito e decido di riprendere la lettura del libro appena iniziato prima di partire: Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, regalo di Natale 2000 di un carissimo amico, un "artista". Era rimasto a prendere polvere sulla scrivania a casa per oltre due anni, con la scusa che avevo già visto il film e che "prima o poi" l'avrei letto. Quante cose faccio "poi" e non riesco a fare "prima".

Alle 17 entro nel taxi che mi porta alla stazione degli autobus a lunga percorrenza. Anche questa volta provo a chiedere al tassista cosa pensa del nuovo presidente Lula. La risposta è meno vivace di quella del suo collega della sera precedente. E` fiducioso nel futuro ma ritiene che i cambiamenti non possano essere rapidi ed occorre dare tempo a Lula di prendere in mano la situazione. Secondo lui, le cose andranno un po' peggio inizialmente.

Il mondo è bello perché è vario...

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